DALLO STUDIO AL GIOCO, PER IMPARARE:
RACCONTO A PIU' MANI DI UNA MATTINATA AL MONTE PEGLIA
ASPETTANDO IN CLASSE
Era tutta la settimana che aspettavo che quella mattina, quell’attesa
mattina, arrivasse e non credo che fosse così solo per me. La partenza
era prevista circa per le 9:00: questo significava che prima di partire
dovevamo passare un’ora di lezione, di noiosissima lezione ed è
stato un tempo interminabile quello in cui io avevo un solo pensiero in
testa, quella fatidica gita. Mi sono dimenticata di dirvi di cosa si trattasse:
la gita era al monte Peglia, precisamente al Centro di Recupero Animali
Selvatici in località Formichella. Da buona smemorata mi sono… come
dire… scordata di riferirvi perché siamo andati lì.
Era una mattina come tutte le altre, ma gli alunni della classe 1°,
di cui io faccio parte, sapevano bene che in quella giornata sarebbe accaduto
qualcosa di speciale. A dirla tutta, erano diversi giorni che la classe
non faceva altro che aspettare quel fatidico giorno. Non ditemi che mi
sono dimenticata di dirvi perché quel giorno sarebbe stato così
speciale!? Per farvelo capire devo partire dall’ inizio: molti giorni
fa, la professoressa Stella ci aveva annunciato la nostra partecipazione
ad un concorso chiamato “I magnifici 7”. Nostro compito era
cercare 7 animali dei boschi vicini e illustrarne i punti fondamentali:
aspetto fisico, comportamento, le minacce per la loro sopravvivenza, e
l’habitat.
FINALMENTE PARTIAMO!
Alle 9:00 più o meno siamo saliti sul pulmino, ma non partimmo
subito, dovevamo aspettare la professoressa Leonardi, che era un po’
in ritardo. Infine partimmo. Dovevamo arrivare al monte Peglia: la località
non era vicinissima, circa 30 minuti d’ autobus, 40 se contiamo
la sosta che abbiamo fatto per far prendere una boccata d’ aria
a Lorenzo, che non stava affatto bene. Comunque, dopo una straziante mezz’ora,
siamo arrivati al Centro di Recupero Animali Selvatici (250 ettari di
natura incontaminata).
PRESENTIAMOCI
Appena arrivati abbiamo fatto colazione: bhè, ci credo eravamo
arrivati che erano le 10:15, almeno così mi sembra di ricordare,
e poi avevo una fame… non parliamo di fame in questo momento, dato
che mi mangerei due case intere. A parte questo, lassù il posto
era incantevole, così bello da poter essere dipinto.
Una volta arrivati nel bosco abbiamo fatto un cerchio ed ognuno di noi
doveva presentarsi attraverso l’oggetto che più lo aveva
colpito del bosco. A me per la verità era piaciuta tanto una fogliolina
e perciò sono andata a presentarmi con quella (ma Giovanna aveva
ragione quando ha detto che di quel bosco l’aveva colpita tutto!).
Io invece ho presentato la prima cosa rappresentativa che non fosse un
fiorellino, elemento scelto da più di 5 compagni.
Arrivati abbiamo conosciuto le guardie forestali Carlo, Valentina, Lino….
per conoscere i loro nomi ed anche quelli delle insegnanti hanno preparato
un pezzettino di legno legato ad un cordino, sui quali noi ragazzi dovevamo
scrivere il nostro nome. Ci siamo poi presentati e ci siamo divisi in
2 gruppi con una professoressa per ogni gruppo.
GIOCHI PER TUTTI
• GLI SPECCHI
Ci
hanno diviso in due gruppi: al nostro gruppo sono stati distribuiti uno
specchio ciascuno; ogni componente del gruppo doveva prendere uno specchio
e tenerlo con una mano sotto il mento, ovviamente mantenendo su di esso
lo sguardo fisso. Con la mano libera, dovevamo invece tenere la spalla
dell’altro: sinceramente ho temuto più volte di cadere, ma
alla fine tutti noi siamo arrivati in uno spiazzo meno ripido dell’intero
posto occupato per lo più da un cumulo di legna che serviva a ricreare
una carbonaia.
Mi sembrava di camminare sui rami o sui tronchi degli alberi e, per passare
da un albero a un altro, nel nulla. Questo giochino serviva, invece, per
farci capire qual è la sensazione degli uccelli quando volano:
non so come fanno, però se per loro è così facile,
beati.
La paura era tanta, il suolo era pieno di buche, legni, e chi più
ne ha più ne metta. Alla fine siamo giunti ad una carbonaia (dove
anni fa si faceva il carbone, utilizzando una catasta di legna che si
faceva “fumare” per diversi giorni, quindi il carbonaio doveva
restare fuori casa diverso tempo a controllare la legna, ecco perché
è un mestiere faticoso e ormai abbandonato) dove adesso vivono
piccoli animali come lucertole e serpentelli. Qui abbiamo parlato di alcune
dicerie messe in giro dalla gente come quella che sul Monte Peglia si
sia fatto un ripopolamento di vipere! Poi siamo tornati al punto di partenza
e ci siamo scambiati con l’ altro gruppo.
Più in basso ci aspettava un percorso da fare ad occhi chiusi seguendo
delle corde che si snodavano fra gli alberi.
• AD OCCHI CHIUSI
Poi
ci hanno bendati e ci hanno fatto mettere in fila indiana, ognuno sulla
spalla del compagno davanti. Una cosa che ci hanno detto è che
ci dovevamo sempre fidare del compagno e così abbiamo fatto. Ci
hanno fatti fermare, a un certo punto: io non vedevo niente(la benda era
di colore nero), però ho intuito che davanti a me c’era Denny,
che parlava ed è proprio per questo che ho capito che era lui.
Le guardie forestali avevano preso Denny e mi avevano detto di aspettare
lì dove ero: potevano chiamarci per nome, leggendolo dal pezzo
di spago con una “fetta” di legno, dove era scritto il nostro
nome. Ritornando a noi, eravamo rimasti a quando mi avevano detto di aspettare:
presero anche me e, sottovoce, mi dissero di attaccarmi alla fune che
avevano fatto girare intorno a un albero, che poi fecero girare intorno
a quello dopo e così
via. Inoltre mi dissero di rimanere in perfetto equilibrio e di stare
attenta agli ostacoli che erano lungo il percorso. A un certo punto andai
a sbattere, con le gambe, addosso a un groviglio di rami: dovevo aggirarlo
e così lasciai la fune. Con il tatto riuscii a ritornare alla corda
e ad aggirare l’ammasso di rami. Incominciai a sentire delle voci,
che mi sembravano proprio quelle dei miei compagni. Dopo sentii la voce
di una mia amica, Aurora, che mi disse:<<Giulia, puoi toglierti
la benda>>. Me la tolsi, mi girai e vidi che avevo fatto un percorso
lunghissimo. Le guardie forestali ci spiegarono che avevamo fatto quel
percorso per farci capire come fanno gli animali che di notte non vedono.
Il percorso da bendati sembrava non finire mai, anche a causa delle buche
e dei pezzi di legna caduti, che ci facevano fare certi voli!
Arrivati alla fine del percorso c’erano i ragazzi partiti prima
di noi che ci incitavano dicendo che eravamo vicinissimi alla meta. Lì
c’erano anche la professoressa e la guardia Forestale che aveva
accompagnato il mio gruppo per tutta la durata dei giochi e che ci stava
chiedendo cosa avessimo notato durante il percorso. Dopo che ognuno di
noi aveva fatto le sue considerazioni lui ci disse che da bendati gli
altri sensi si “sviluppavano”. I giochi sono stati divertentissimi
ed educativi (non avrei mai pensato che queste due parole sarebbero mai
potute andare insieme!)
Il divertimento e l’ educazione non sarebbero finiti lì,
mancava ancora un gioco (i due gruppi furono riuniti).
• LA CATENA ALIMENTARE
Quasi
ad ora di pranzo dopo esserci riuniti con l’ altro gruppo abbiamo
fatto un gioco per descrivere una catena alimentare tipica del bosco:
ci hanno divisi in 3 squadre: i falchi cioè il mio gruppo,le rane
e le cavallette.
Gli erbivori che dovevano raccogliere pigne, già predisposte sul
campo di gioco (la loro fascia era quella verde); le rane che dovevano
mangiare gli erbivori (avevano la fascia blu); Infine c’erano i
falchi che potevano mangiare solo le rane, ma non potevano essere mangiati
(avevano la fascia rossa). Io facevo parte dei falchi. La prima volta
che giocammo le rane si estinsero, e dato che nessuna di loro aveva mangiato
i falchi rimasero a “pancia vuota”.
La seconda volta le rane avevano ricevuto un “privilegio”:
delle tane dove non potevano essere mangiate. Questa volta però
furono gli erbivori ad estinguersi dato che non avevano un posto dove
rifugiarsi dalle rane. La terza volta che giocammo (fu anche l’ultima
per motivi di tempo) gli erbivori avevano un posto dove nascondersi dalle
rane e questo era il turno più difficile dato che né le
rane né gli erbivori erano intenzionati ad uscire dai nascondigli.
Questo gioco serviva a farci capire come la catena alimentare sia un meccanismo
molto delicato e che basta poco per rompere il fragile equilibrio.
Io e il mio gruppo eravamo i falchi
e avevamo, sulla fronte, le bende rosse, poi c’erano le rane, che
avevano le bende blu e infine c’erano le cavallette, che avevano
le bende verdi. A ognuno di noi hanno dato un sacco. Partiamo dalle cavallette:
loro hanno un sacco con le pigne, che raccoglievano nell’area di
gioco, delimitata da una striscia bianca e rossa. A loro volta però
dovevano stare attente alle rane che, se le toccavano,mettevano fuori
gioco le cavallette. Quindi il sacco di quella sfortunata cavalletta veniva
messo,dalla fortunata rana, nel suo. Noi invece, i falchi, dovevamo mangiare
le rane: qualcuno di noi è stato fortunato, perché ha mangiato
una rana che nel suo sacco aveva il sacco di una cavalletta che aveva
raccolto molte pigne. Abbiamo giocato a questo gioco per altre due volte:
la seconda era più difficile, perché le rane, se toccavano
un albero, non potevano essere prese e quindi mangiate. Il terzo era ancora
peggio: anche le cavallette avevano il riparo, ma questo a noi falchi
non importava, dato che noi non mangiamo le cavallette.
QUANTI ANIMALI!
Io appena
finito quel gioco avevo una fame da lupi… e la fortuna fu con me
perché andammo proprio a pranzare. Mangiammo tutti e poi ci portarono
a vedere il centro di recupero degli animali dove vedemmo: le tartarughe,
la volpe, i daini, i falchi e tanti altri… che dire,è stato
un giorno magnifico dove imparammo giocando!
La gita non era finita qui, ci portarono a vedere i falchi che svolazzavano
nelle loro grandissime gabbie; una volpe, che non faceva altro che correre
in cerchio; una lepre, che aveva paura di noi e scappava ai lati della
gabbia come se volesse fuggire; delle tartarughe, perfettamente immobili;
un airone; un gufo reale, sdraiato sul fondo della sua gabbia; dei cervi;
dei mufloni e diversi altri animali.
Sfortunatamente si fece tardi e fummo costretti a tornare a scuola, ma
io sono sicura che nessuno di noi potrà mai dimenticare questa
bellissima esperienza.
Ma
non era finita lì quell’attesa gita: due delle guardie forestali
che erano lì sono arrivati con due fantastici animali. Uno teneva
fermo per gli artigli un allocco, mentre l’altro aveva nelle mani
una piccola civetta. Entrambi sono due rapaci notturni. Abbiamo chiesto
perché l’allocco teneva gli occhi chiusi nonostante fosse
giorno: all’inizio pensavo che la luce del sole gli dava fastidio,
invece ci hanno spiegato che li teneva chiusi per difesa personale e questo
perché gli occhi servono loro la notte per cacciare. A differenza
dell’allocco, la civetta aveva gli occhi sbarrati e gialli: comunque
era molto carina. Pensate che ogni tanto sbatteva le ali e qualcuno dei
miei compagni che stava lì vicino si
metteva paura e saltava(per la paura) addirittura. Dopo abbiamo continuato
a guardare gli animali: per primo abbiamo visto il daino, un animale che
assomiglia molto al cerbiatto e forse gli è addirittura parente.
Dopodiché siamo passati al muflone. Il maschio assomiglia molto
a un ariete. Infatti la professoressa su moodle ci aveva messo il link
per vedere un video del Centro di Recupero Animali Selvatici: io l’ho
guardato e quando hanno fatto vedere il muflone, ho pensato veramente
che fosse un ariete. Uno delle guardie forestali, se ricordo bene Lino,
ci ha spiegato la differenza tra corna e palchi: le corna, che sono quelle
che ha il muflone, dentro sono vuote, mentre i palchi, come quelli del
cervo, sono pieni. Proseguendo abbiamo visto molti altri animali, anche
se non siamo riusciti a vederli tutti, dato che dovevamo andare via. A
me è un po’ dispiaciuto e spero che avremo, magari un altro
anno, la possibilità di terminare questa gita. Se credo di aver
capito bene, mi sembra che dovevamo, oltre a finire di vedere gli animali,
fare un'altra cosa, però non mi ricordo di cosa si trattava. |