Non ha avuto il tempo di commemorare il 4 Novembre, il giorno dell’armistizio che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, Delfino Borroni. Era l’ultimo reduce italiano della Prima Guerra Mondiale. Viveva a Castano Primo, nel Milanese, ed è scomparso domenica scorsa.
Borroni, arruolato a 19 anni nei bersaglieri ciclisti, è diventato poi l’ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto, l’onorificenza istituita dalla Repubblica nel 1968 per «esprimere la gratitudine della Nazione» a tutti coloro che avevano combattuto sul fronte durante la Prima Guerra Mondiale per almeno sei mesi. Ebbe modo di conoscere anche la vita di trincea a Caporetto. Ecco come la ricorda in un’intervista: «Caporetto è stato il posto peggiore che ho visto durante la guerra. La vita in trincea era terribile – ricordava Borroni - Il freddo, la fame, il rombo delle granate, poi c’erano gli attacchi con il gas. Quando pioveva, poi, si aveva la tentazione di dormire, ma quello era il momento in cui un attacco era più facile, allora il capitano passava, con indosso il suo cappello nero e ci urlava di stare all’erta. Una sera dei soldati del battaglione fuggirono dall'accampamento per andare a trovare le mogli, che vivevano in un paese lì vicino. Furono scoperti e mandati davanti al plotone d'esecuzione, ma noi compagni impedimmo la loro morte urlando “allora ammazzateci tutti”, perché tanta era la nostalgia delle nostre famiglie». A Caporetto, anche il fante rischiò di morire. Dal 1970 riceveva una pensione di guerra di 66 mila lire al mese, poi commutate in 40 euro. Un’offesa inaccettabile per una persona così importante. Più volte Borroni aveva chiesto un aumento, però non è mai arrivato. Sarà il giorno dell’addio con i funerali di Stato a commemorare il bersagliere della Grande Guerra. Dopo la sua scomparsa, al mondo restano solo altri sette reduci del primo conflitto mondiale: tre in Gran Bretagna, due in Canada (tra cui una donna, Gladys Power, di 109 anni), uno in Australia, uno negli Stati Uniti.
Federica & Ilenia
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