Avevo 13 anni ed era febbraio. Infatti, la nevicata cominciò nel pomeriggio del 29 gennaio e per tutto febbraio nevicò abbondantemente. Essendo contadini non si poteva andare nei campi e, dopo aver governato il bestiame, tutta la famiglia stava in casa davanti al grande focolare. Oppure si stava nelle stalle dove con la paglia e il bestiame si stava un po’ più caldi. Qui si facevano piccoli lavori artigianali come il crino e le sedie. Per passare il tempo ci si dedicava alla caccia, sia di giorno che di notte. Il giorno si prendevano gli uccelletti con il “petrangolone” e con le “taiole”. Invece la notte si prendevano gli uccelletti con il “diavolaccio”: era un attrezzo a forma di ombrello, con il manico molto lungo e appese alla forma dell’ombrello c’erano numerose cordicelle che si invischiavano con il vischio. Il vischio era una sostanza che si preparava durante l’estate. Con questo tipo di caccia si catturavano centinaia di uccelli al giorno. E nel freddo inverno, per riscaldarci, ci si riuniva tra vicini e si stava intorno al focolare. Il fuoco era alimentato da grossi pezzi di legna, che duravano tutta la notte. I pezzi di legno venivano tagliati nel bosco con accette e seghe. Era molto faticoso ma, nonostante ciò, la vita era molto più tranquilla di oggi. Infine la sera si andava a letto e per non avere freddo durante la notte si scaldava il letto con il “prete”, un attrezzo di legno con all’ interno uno scaldino. Oppure ci si riscaldava con il “mattone”, si metteva, a scaldare un mattone che poco prima di andare a letto si avvolgeva in un panno. Il mattone veniva poi messo dentro il letto all’altezza dei piedi. Questo era quello che succedeva durante le giornate dell’ inverno del “56. Giovanni Buconi Scuola media di Ficulle
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