Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no .
Considerate se questa è una donna
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’ Inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa, andando per via,
coricandovi, alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
PRIMO LEVI
Primo Levi era un chimico torinese, dopo l’8 settembre, fu catturato dalla milizia fascista alla fine del 1943. Essendo ebreo, fu consegnato ai nazisti che lo deportarono ad Auschwitz, un campo di concentramento che si trova in Polonia. Nel 1944 il governo tedesco, data la crescente scarsità di manodopera, stabilì, di prolungare la vita media dei prigionieri da eliminare.
Levi inoltre era diplomato in chimica, ma questo non gli risparmiò orrore, fatica.
Primo Levi è uno dei testimoni più importanti degli orrori dei lager. Una volta tornato a casa, scrisse un'importantissima opera dal titolo "Se questo è un uomo" , a cui questa poesia fà da introduzione. In questo libro l'autore descrive la disumana esperienza dei campi di concentramento.
Arrivati ad Auschwitz, in fretta e sommariamente veniva effettuata una vera e propria selezione: «In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente». (Se questo è un uomo, p. 17). L’autore è deportato a Monowitz, vicino Auschwitz, in un campo di lavoro i cui prigionieri sono al servizio di una fabbrica di gomma. Al lager, persi nei loro pensieri, presi da mille domande, da ipotesi continue che per quanto catastrofiche, non si avvicinano neanche lontanamente alla verità, si ritrovano in pochissimo tempo rasati, tosati, disinfettati e vestiti con pantaloni e giacche a righe. Su ogni casacca c’è un numero cucito sul petto. I prigionieri vengono marchiati come bestie. Il loro compito: lavorare, mangiare, dormire, OBBEDIRE. Il loro intento: sopravvivere. Dietro quel numero non c’è più un uomo, ma solo un oggetto: häftling, cioè “pezzo”. Se funziona, va avanti. Se si rompe, è gettato via.
Levi è l’häftling 174517. Funzionante.
Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai campi di concentramento. Ci riesce fortunosamente, grazie a una serie di circostanze e solo dopo un lungo girovagare nei Paesi dell'est.
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