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 : ...dal cassetto dei ricordi "Il prato"
Inviato da NonniSuInternet il 13/3/2009 11:37:54 (1457 letture) News dello stesso autore

vecchi ricordiCome ho già avuto occasione di dire, ognuno di noi ha un cassetto dei ricordi che custodisce gelosamente; dicono che con l’avanzare degli anni si tenda a ricordare meglio le cose della propria infanzia, a scapito di quelle recenti, è un fatto fisiologico.
Chi, come me, è tornato a vivere nel paese dove è nato, un luogo, un profumo e certe situazioni, ti riportano indietro nel tempo; così da quel cassetto voglio tirare fuori un caro ricordo: il campo della fiera, o da noi detto” Il prato”, il nostro parco giochi.
All’epoca abitavo in una modesta casa, con poco sole e malmessa, ma aveva un grande pregio, si affacciava sul “Prato”.
Era un appezzamento di terreno in discesa, partiva da Sottofossi vecchio e arrivava al vecchio asilo; delimitato da una recinzione ed un cancello in ferro, alla cui sommità c’erano delle lance acuminate facente parte della decorazione e perennemente chiuso;  dalla parte destra c’era una siepe di biancospino e degli alberi di gelsi. Dove ora sono i giardini, c’erano due “rasole” con una fitta siepe di mortella, il “verde”, invece all’altezza dell’arco, partivano una fila di alberi di noci.



Il prato era sempre affollato, nella parte centrale ci si giocava a pallone e spesso finiva sul vicino campo e la proprietaria, stanca delle continue incursioni per recuperarlo, minacciava di tagliarlo col “falcetto”; ancora oggi mi domando come facessero a mantenerlo in un terreno in discesa.
Io e mia sorella Milena, avevamo un pretesto plausibile per andarci a giocare con le amiche, dovevamo badare ai nostri animali, due maiali ed un‘asina, ma loro si badavano da soli, poiché prese dai nostri giochi, noi ce ne dimenticavamo. Allora ad una certa ora  tornavano a casa attraversando la strada “nova”.
La cosa più ardua era entrare al “prato” scavalcando il cancello chiuso per fare prima, nella nostra incoscienza non pensavamo al pericolo di farci male, ma a non rovinare gli zoccoletti nuovi comprati alla fiera; per questo e per fare meno rumore, venivano risuolate con le gomme delle biciclette usurate e fermate con le semenze, soprattutto dovevano durate tutta l’estate.
Al prato si facevano tanti giochi pur non avendo nulla, i rami degli alberi di gelsi diventavano le nostre case che completavamo con i cartoni, ma c’era un tronco cavo perfetto per quando pioveva.
Ricordo il profumo dei bucati lavati con la cenere e stesi sulla siepe di biancospino, ogni famiglia poteva stendere il proprio e per riconoscerlo era sufficiente delimitarlo con un sasso o una “conca”, poi quel biancospino ci regalava splendidi, candidi mazzi di fiori che raccoglievamo incuranti delle spine; mentre ci era proibito prendere le noci di proprietà del comune; in compenso facevamo scorpacciate di more dei gelsi sia bianche che nere.
Durante la settimana santa, si faceva il gioco del “verde”, per vincere dovevamo portare con noi un rametto di mortella, se le amiche chiedevano fuori il verde, mostrandolo si  rispondeva: “verde mi chiamo”.
Il  nostro parco ci offriva tanti spunti per  divertirci, non per ultimo le capriole in discesa  sull’erba fresca. Le foglie di parietaria o “ annapatara”, poi, ci servivano per decorare con girigogoli e fiori i nostri vestiti.
In fondo vi erano due telai, strutture che servivano per immobilizzare gli animali da ferrare, così spesso assistevamo al lavoro dei maniscalchi: sento ancora l’odore degli zoccoli bruciati, il battere sui chiodi quadrati per fissare i ferri; il pomeriggio la scena era libera, così sfidavamo qualsiasi forza di gravità, per arrampicarci sui telai  e dondolarci a testa in giù.
Una volta al mese il campo boario si riempiva di buoi, asini, maiali, pecore ecc., per la tradizionale fiera. Data l’economia dell’epoca, era un appuntamento importante; così il prato diventava un cielo pieno di nuvolette belanti. Indimenticabili furono le nostre “sciate” dopo la nevicata del 56; i nostri fratelli avevano costruito una rudimentale slitta con la tavola per lavare i panni di nostra madre, così, battuta la pista, riuscivamo a scivolare da sotto fossi vecchio fino al fondo del campo.
A vederlo adesso non ha nulla del vecchio prato, ora è una struttura sportiva moderna dove i nostri giovani possono divertirsi con il gioco del calcio, a tennis e pattinaggio; posso quindi richiudere senza rimpianti, il mio cassetto: felice anche del fatto che il nuovo campo sportivo ha una spaziosa pista che nelle nostre feste estive diventa una  stupenda sala da ballo all’aperto.
Rita Mezzetti
Scuola media Ficulle

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