La caccia alle
streghe
Quest'anno
nelle seconde classi ci siamo appassionati al fenomeno della "caccia
alle streghe" che abbiamo trattato sotto vari punti di vista. Abbiamo
iniziato con la lettura del libro “La chimera” di Sebastiano
Vassalli che parla di una ragazza accusata di stregoneria e condannata
al rogo e proseguito con l'analisi di alcuni documenti storici riguardanti
processi del tribunale dell’inquisizione. Riguardo all’aspetto
musicale e artistico, abbiamo ascoltato brani e visto opere relativi
a questo periodo. Infine dal punto di vista religioso, abbiamo studiato
i comportamenti della Chiesa nei confronti delle eresie.
La caccia alle streghe dilaga in Europa tra il XV e il XVII secolo;
la situazione religiosa e l’insicurezza collettiva suscitata dalle
carestie, dalla peste e dalle rivolte durante il trecento provocano
una vera e propria lotta contro la stregoneria, che diviene il capro
espiatorio a cui attribuire l’origine di ogni male. Nel 1484 Papa
Innocenzo VIII promulga la bolla “Summis desiderantes affectibus”
incaricando Heinrich Institor e Jacob Sprenger, due inquisitori, di
condannare e punire i “peccatori”. A tal fine i due domenicani
scrivono il “Martello delle streghe”, un vero e prorio manuale
dell’inquisitore in cui si spiegano i malefici operati dalle streghe,
i mezzi per riconoscerli, i sistemi per interrogare e tutte le varie
e crudeli torture per estorcere le confessioni. Innanzitutto le donne
sono molto più crudeli degli uomini e, poichè il demonio
cerca soprattutto di corrompere la fede, egli l’attacca per primo.
In realtà il cristianesimo vede la donna come un “animale
imperfetto”, poichè la creazione della prima donna è
stata fatta con una costola curva e ritorta tolta all’uomo, ma
anche come un essere inferiore all’uomo, in quanto cedette alle
tentazioni del serpente dimostrando poca fede e tanta incredulità
nelle parole di Dio. Secondo il Martello delle streghe l’etimologia
del nome lo dimostrerebbe: “foemia deriva da fe e minus, perchè
essa è capace di conservare minor fede”. Le presunte streghe
non erano altro che donne comuni, con qualche vaga competenza di erboristeria
e che nella comunità avevano il ruolo di guaritrici. Dai processi
risulta che erano particolarmente esposte all’accusa le vedove
e le levatrici/bambinaie. I processi alle streghe riflettono le innovazioni
giuridiche introdotte tra il XIII e il XIV secolo, quali per esempio
l’uso delle torture. Prima del 1200 un’azione penale si
articolava in due fasi: l’accusa, formulata sotto giuramento da
un soggetto privato e la condanna o l’assoluzione da parte del
giudice, in base all’ammissione della colpa da parte dell’accusato
o di prove convincenti fornite dall’accusatore. Nei casi dubbi
si ricorreva all’ordalia, cioè a un segno della colpevolezza
o dell’innocenza dell’accusato. Un’altra modalità
per risolvere le questioni dubbie era quella del duello tra accusato
e accusatore. Dopo il Concilio del 1215, si passa dall’ordalia
al metodo inquisitorio, secondo il quale i membri di una comunità
potevano chiamare in giudizio una persona sulla base di informazioni.
Infatti, mentre con l’ordalia si richiedeva l’aiuto divino,
con il metodo inquisitorio era necessario l’acquisizione di prove.
Oggi la figura della strega può essere identificata nelle cosiddette
“maghe” che con l’aiuto di carte, tarocchi e altre
cose predicono il futuro e tentano di risolvere problemi di salute senza
ricorrere alla medicina.
Scuola Media Fabro Scalo Femmine II
A e II B
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