Un robot per
amico
Prima
di uscire di casa, programmai una buona merenda. Poi mi incamminai verso
un negozio di robot usati. L’uomo piccolo e grasso che gestiva
il negozio considerò la somma che avevo a disposizione. “Dando
questa cifra, puoi avere un modello come questo”.
Il “questo” a cui si riferiva aveva l’aspetto di un
barile metallico alto una sessantina di centimetri, con un cappello
anche quello di metallo.
Mi chinai in avanti per osservare quell’oggetto,meglio e più
da vicino. “Che cos’è? E’ davvero un robot?”
“Ma certo che lo è!” Esclamò l’uomo.
“Stava cadendo a pezzi, poi un vecchio lupo dello spazio lo comprò
e lo sistemò alla meglio…ma non credo che te ne potrai
servire, neppure sa parlare!” Mi disse.
In quel momento, dentro a quella specie di barile accadde qualcosa.
Il coperchio a forma di cappello schizzò via. Era comparsa una
faccia, anzi, non era intera, era mezza!
C’erano due occhi enormi… Accadde anche un’ altra
cosa: il robot parlò, con voce perfettamente chiara.
“Qual è il tuo nome ragazzina?” “Sara”
risposi. “E che cosa vorresti imparare?” “Una lingua
straniera, ad esempio l’inglese”. “Bene, prendi la
mia mano e concentrati” mi disse il robot. Da esso uscirono fuori
gambe, braccia e testa, mi prese la mano, che era morbidissima, non
era né viscida, né di metallo.
Il robot pronunciò qualcosa che per il negoziante erano solo
parole senza senso. “Invece no!” dissi. Adesso finalmente
so un po’ di inglese e ciò che ho detto significa “Buongiorno,
come sta?”. Poi uscimmo dal negozio e gli chiesi “Come ti
chiami?” “Macao, ma è un nome che non mi piace. E
a te come piacerebbe chiamarmi?”
“Sei sempre stato dentro un barile della marca “Rob”?”
Domandai. “Sì, è di buon acciaio resistente”
Mi disse. “Allora, che ne diresti se ti chiamassi Roby?”
“Roby… Roby…” Il robot ripetè più
volte. “Sì, mi piace molto!”. “D’accordo
così, allora!”. Dopo aver tanto camminato arrivammo a casa,
e lo presentai alla mia famiglia.
Sara Serpici Scuola Media Ficulle classe
II C
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