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Anno II - n.1 - dicembre 2004
 
Ricordando Borsellino e Falcone

borsellinoIl fenomeno mafioso è diffuso in molti stati fra i quali l’Italia.
Le “mafie” italiane sono tre:la Camorra in Campania, la’ Ndrangheta in Calabria ed infine Cosa Nostra che è particolarmente potente e si è sviluppata in Sicilia. La mafia siciliana è molto antica: essa è nata nel XlX secolo e nel corso degli anni si è sviluppata e radicata all’interno della società.
La potenza di Cosa Nostra si basa sull’omertà delle persone sulla mancanza di fiducia nelle leggi dello Stato, sulla debolezza, sulla corruzione, sulla disponibilità di grandi capitali ottenuti con attività illecite come la droga, la prostituzione, il gioco d’azzardo e sugli omicidi di coloro che lottano per il rispetto della legge.
All’inizio la mafia siciliana era una mafia di tipo agricolo, ma con il passare degli anni, grazie anche ai contatti con la mafia americana, si è profondamente trasformata divenendo imprenditrice e servendosi di grandi capitali ottenuti illegalmente.
Grazie alla corruzione essa è riuscita a creare uno Stato dentro lo Stato dove lei stessa è legge.
All’inizio addirittura si negava l’esistenza del fenomeno mafioso;solo a partire dagli anni ’70 si è incominciato a considerarlo un vero problema delle società italiana. Ed ecco iniziare la controffensiva dello Stato verso la mafia, e si iniziò ad indagare.
Molti furono i magistrati, i prefetti, i carabinieri, i poliziotti che hanno cercato di contrastare questo fenomeno, ma quando divennero degli ostacoli toccando la mafia nel suo punto debole, il capitale economico, vennero eliminati uno dopo l’altro.
Due giudici si distinsero per la loro caparbietà nel combattere il fenomeno mafioso: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Tutti e due avvertirono che per perseguire i reati e le attività di ordine mafioso occorreva avviare indagini patrimoniali e bancarie per avere una visione organica delle connessioni e ramificazione di Cosa Nostra.
Nel 1983 si costituisce quello che verrà chiamato “pool antimafia”, sul modello delle equipe attive nel decennio precedente.
Oltre allo stesso Falcone ne fanno parte altri giudici fra i quali anche lo stesso Paolo Borsellino.
Andando avanti con le indagini e purtroppo anche con l’uccisione di altri funzionari di Polizia, nell’estate del 1985 si comincia a temere per la vita dei due magistrati, che vengono trasferiti con le famiglie, per motivi di sicurezza, nel supercarcere dell’Asinara, dove lavorano giorno a notte per preparare il primo maxi-processo alla mafia siciliana, che si conclude con la condanna di circa 700 indagati per mafia.
Falcone e Borsellino cercano di scuotere i giovani per cambiare la mentalità della popolazione, di comunicare nuovi sentimenti e di renderli protagonisti della lotta alla mafia, ma soprattutto vogliono sentire intorno la stima della gente.
Promuovono dibattiti nelle scuole, nelle feste giovanili di piazza, tavole rotonde per spiegare e sconfiggere la cultura mafiosa.
Purtroppo anche per loro arriva la vendetta della mafia.
Il 23 maggio del 1992, allo svincolo autostradale di Capaci, l'auto di Falcone e quella della sua scorta vengono fatte saltare in aria con 500 Kg di tritolo nascosti sotto la pavimentazione stradale.
Muore anche la moglie e tre uomini della scorta.
Due mesi più tardi, il 19 luglio, toccava a Borsellino, ucciso con un’autobomba a Palermo in Via D’Amelio, all’uscita di casa della madre.
Si tratta di uno dei periodi più bui della storia della Repubblica Italiana.
Falcone e Borsellino furono personaggi discussi, per alcuni molto odiati in vita e molto amati dopo la morte. Hanno sempre lottato in prima persona per tutelare la propria autonomia di giudici contro la mafia e oggi sono considerati un simbolo positivo, una storia da non dimenticare.

Ilaria Pecoroni, Chiara Cammardella, Lucia Barbanera II A Fabro

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