Ricordando
Borsellino e Falcone
Il
fenomeno mafioso è diffuso in molti stati fra i quali l’Italia.
Le “mafie” italiane sono tre:la Camorra in Campania, la’
Ndrangheta in Calabria ed infine Cosa Nostra che è particolarmente
potente e si è sviluppata in Sicilia. La mafia siciliana è
molto antica: essa è nata nel XlX secolo e nel corso degli anni
si è sviluppata e radicata all’interno della società.
La potenza di Cosa Nostra si basa sull’omertà delle persone
sulla mancanza di fiducia nelle leggi dello Stato, sulla debolezza,
sulla corruzione, sulla disponibilità di grandi capitali ottenuti
con attività illecite come la droga, la prostituzione, il gioco
d’azzardo e sugli omicidi di coloro che lottano per il rispetto
della legge.
All’inizio la mafia siciliana era una mafia di tipo agricolo,
ma con il passare degli anni, grazie anche ai contatti con la mafia
americana, si è profondamente trasformata divenendo imprenditrice
e servendosi di grandi capitali ottenuti illegalmente.
Grazie alla corruzione essa è riuscita a creare uno Stato dentro
lo Stato dove lei stessa è legge.
All’inizio addirittura si negava l’esistenza del fenomeno
mafioso;solo a partire dagli anni ’70 si è incominciato
a considerarlo un vero problema delle società italiana. Ed ecco
iniziare la controffensiva dello Stato verso la mafia, e si iniziò
ad indagare.
Molti furono i magistrati, i prefetti, i carabinieri, i poliziotti che
hanno cercato di contrastare questo fenomeno, ma quando divennero degli
ostacoli toccando la mafia nel suo punto debole, il capitale economico,
vennero eliminati uno dopo l’altro.
Due giudici si distinsero per la loro caparbietà nel combattere
il fenomeno mafioso: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Tutti e due avvertirono che per perseguire i reati e le attività
di ordine mafioso occorreva avviare indagini patrimoniali e bancarie
per avere una visione organica delle connessioni e ramificazione di
Cosa Nostra.
Nel 1983 si costituisce quello che verrà chiamato “pool
antimafia”, sul modello delle equipe attive nel decennio precedente.
Oltre allo stesso Falcone ne fanno parte altri giudici fra i quali anche
lo stesso Paolo Borsellino.
Andando avanti con le indagini e purtroppo anche con l’uccisione
di altri funzionari di Polizia, nell’estate del 1985 si comincia
a temere per la vita dei due magistrati, che vengono trasferiti con
le famiglie, per motivi di sicurezza, nel supercarcere dell’Asinara,
dove lavorano giorno a notte per preparare il primo maxi-processo alla
mafia siciliana, che si conclude con la condanna di circa 700 indagati
per mafia.
Falcone e Borsellino cercano di scuotere i giovani per cambiare la mentalità
della popolazione, di comunicare nuovi sentimenti e di renderli protagonisti
della lotta alla mafia, ma soprattutto vogliono sentire intorno la stima
della gente.
Promuovono dibattiti nelle scuole, nelle feste giovanili di piazza,
tavole rotonde per spiegare e sconfiggere la cultura mafiosa.
Purtroppo anche per loro arriva la vendetta della mafia.
Il 23 maggio del 1992, allo svincolo autostradale di Capaci, l'auto
di Falcone e quella della sua scorta vengono fatte saltare in aria con
500 Kg di tritolo nascosti sotto la pavimentazione stradale.
Muore anche la moglie e tre uomini della scorta.
Due mesi più tardi, il 19 luglio, toccava a Borsellino, ucciso
con un’autobomba a Palermo in Via D’Amelio, all’uscita
di casa della madre.
Si tratta di uno dei periodi più bui della storia della Repubblica
Italiana.
Falcone e Borsellino furono personaggi discussi, per alcuni molto odiati
in vita e molto amati dopo la morte. Hanno sempre lottato in prima persona
per tutelare la propria autonomia di giudici contro la mafia e oggi
sono considerati un simbolo positivo, una storia da non dimenticare.
Ilaria Pecoroni, Chiara Cammardella, Lucia Barbanera
II A Fabro
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