Un giorno da carbonai
L’esperienza
che abbiamo effettuato da poco ad Allerona si è rivelata molto
utile; infatti, abbiamo imparato a conoscere un antico mestiere “il
carbonaio”, trasformando noi stessi, per un giorno, in carbonai.
E’ servita anche per approfondire la conoscenza del bosco e capire
quanto è necessario salvaguardarlo.
L’uscita si è svolta il giorno 29 aprile 2004 dalle ore
9.00 alle 15.00.
Siamo partiti dalla nostra scuola con il pulmino comunale, accompagnati
dalla professoressa di scienze.
Una volta arrivati sul posto, guidati da Claudio e Francesca, siamo
entrati nella Riserva naturale del Monte Rufeno, un parco nei pressi
di Allerona.
Dovete sapere che fino a circa 12.000 anni fa l’Europa era una
intera immensa foresta. Poi l’uomo ha cominciato a disboscare
e bruciare; oggi rimangono solo pochi boschi.
Incamminandoci per il “Sentiero dei briganti” il primo compito
è stato quello di cercare il materiale occorrente per costruire
la carbonaia: foglie secche, terra nera e bastoni di legno.
La presenza di una piazzola con della terra nera (terra cotta), ci ha
segnalato un’antica carbonaia; qui ci siamo fermati e procurati
il materiale.
Dopo un lungo cammino pieno di pozzanghere, siamo arrivati al parco
di Villalba in un’area attrezzata con tavoli e panche dove abbiamo
iniziato a costruire la “nostra carbonaia”.
Come prima fase del lavoro abbiamo disposto in cerchio i piccoli bastoni
di legno, tutti all’incirca della stessa lunghezza, e all’interno
abbiamo costruito una “torretta” di bastoni sovrapposti,
chiamata “castellina” all’interno della quale si sarebbe
messo il fuoco. Il resto della legna l’abbiamo addossata tutta
attorno alla castellina facendo attenzione di mettere per ultima la
legna più fina. Questo strato di pezzi più fini, che si
aggiunge all’esterno, si chiama “pelle”. La castellina
nella realtà veniva formata con pezzi di legno lunghi circa 60
cm. ed era alta 1 metro. Abbiamo poi sistemato
delle zolle di terra lungo tutto il perimetro a formare il “calzolo”
e tappato il “cratere” della castellina sempre con delle
zolle.
Abbiamo completato la copertura mettendo uno strato di foglie e uno
di terra.
A questo punto tutto era pronto per accendere la carbonaia. Tolto il
tappo abbiamo inserito la brace che avevamo precedentemente preparato,
perché la cottura non deve avvenire per mezzo della fiamma. La
carbonaia ha quindi iniziato lentamente a “cuocere” emettendo
fumo. In realtà non si tratta di una combustione bensì
di una distillazione che, grazie alle temperature elevate che si raggiungono
nel camino, permette di separare la parte acquosa dalla legna. Abbiamo
anche praticato tutto intorno dei fori per far entrare l’aria
e far uscire i fumi (vapor acqueo).
Tutto il procedimento richiede alcune ore e pertanto abbiamo potuto
vedere il risultato solamente da “pezzi di carbone” avuti
dagli esperti del Laboratorio.
Ritornati ad Allerona, abbiamo pranzato. Gli esperti, che ci hanno seguito,
hanno poi mostrato diapositive di una carbonaia realizzata da un vecchio
lavoratore.
Da questa esperienza abbiamo imparato a conoscere la storia dei carbonai
della zona, che provenivano principalmente dalla provincia di Arezzo,
nel periodo che andava da novembre a giugno.
Essi si spostavano in gruppi di 4-5 adulti accompagnati da un ragazzo
chiamato “meo”. Vivevano in una capanna di pochi metri quadrati
costruita con pali, frasche e zolle, al centro del bosco da cuocere.
Il carbone ottenuto, una volta raffreddato, veniva messo in sacchi che
pesavano fra 70/80 kg., poi caricato sui muli per il trasporto. Ci ha
raccontato la professoressa che da giovane anche suo padre aveva fatto
il carbonaio ma in modo diverso. A Cantone, paese di piccoli coltivatori
diretti, in certi periodi dell’anno, prevalentemente d’inverno,
quando il lavoro nei campi era ridotto, gli uomini si recavano nel bosco
a tagliare la legna per casa e a fare il carbone con quella in più.
Poi caricavano i sacchi sull’asino e lo andavano a vendere ad
Orvieto. Gli acquirenti non erano fissi ma si trattava sempre di famiglie.
A volte erano le donne ad occuparsi della vendita del carbone che rappresentava
un’occasione per recarsi in città e spesso spendevano subito
il ricavato sul posto per acquisti extra, soprattutto vestiario. Per
queste persone, quello del carbonaio non era un mestiere vero e proprio
ma un’attività sporadica (mediamente 10 carbonaie in un
anno) per racimolare qualche soldo in più. Negli anni '30 veniva
pagato intorno alle 25 lire al quintale.
Le carbonaie non avevano una dimensione fissa, dipendeva dalla legna
che avevano a disposizione in quel momento, a volte solo quanto bastava
a produrre “una soma” (la quantità che portava un
asino).
E’ stata un’ esperienza positiva e divertente.
Molti di noi non avevano la minima idea di cosa fosse il mestiere di
carbonaio, oggi da noi praticamente scomparso e che testimonia la fatica,
fino a pochi anni fa, di tanti uomini per guadagnarsi da vivere.
In realtà alcuni di noi hanno approfittato di questa giornata
passata all’aperto per scherzare, distrarci e disturbare gli altri,
mostrando anche dei comportamenti non proprio da “naturalisti”
che ci hanno procurato dei severi rimproveri da parte della professoressa.
(Classe I B scuola media
Fabro scalo)
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