Il carnevale di altri tempi
(Intervista effettuata dagli alunni di classe IV e V elementare
di Fabro capoluogo)
Quando erano giovani i nostri nonni, le maschere tradizionali
di carnevale erano: la sposa e lo sposo, il pagliaccio con la gobba,
vestito di bianco, con un cappello con le campane, il vecchio e la vecchia
che portavano un cesto per le uova, il suonatore. Le maschere usavano
bastoni in legno per dare bastonate a chi incontravano per strada o
per bussare alle porte.
Il martedì di carnevale queste maschere andavano di casa in casa
e tutti offrivano loro merende e vino, in cambio di qualche scherzo,
di qualche scenetta simpatica o di una “suonatina”. Gli
scherzi consistevano soprattutto in finte discussioni tra i vari personaggi,
in giochi con stracci bagnati o con le uova e infine in tante docce
di …coriandoli fatti con i giornali!!! La sera si finiva sempre
a ballare nelle case di campagna tra giochi e banchetti. I tipici dolci
carnevaleschi erano le castagnole, le frappe e gli straccetti.
(Si ringraziano i nonni di Fabro: Filomena, Nella,
Bianca, Giovanna, Elide, Gabriella, Antonio, Ines, Vittorio, Remo e
Orfeo)
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Tanti anni fa il giovedì grasso le famiglie più
povere bussavano alle case delle famiglie benestanti con un piccolo
spiedo di legno in mano e pronunciavano queste testuali parole:
<< Dio salvi il vostro marito, mi untate sto spito? >>
Alle donne che non avevano il marito si rivolgevano con altre parole:
<< Dio salvi la vostra serva, mi untate sta padella ? >>
Le famiglie accoglievano con gioia i visitatori e, se potevano, infilavano
nei vari spiti: salsicce, lardo, ventresca ed altre cose che potevano
servire per la cena.
Scuola Elementare Monteleone d'Orvieto
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La
domenica di carnevale, nel pomeriggio, tutte le maschere si riunivano
nella piazza dell’orologio e ballavano la polka, il tango, il
valzer ecc…. seguendo la musica suonata dalla banda monteleonese,
raccolta in cerchio intorno alle maschere.
Un certo Adamo veniva mascherato con una pelle da orso, poi gli venivano
legati mani e piedi con le catene; era trascinato da ragazzi che lo
guidavano per le vie del paese fino al raggiungimento della piazza;
qui lo facevano ballare procurando un grande fracasso con il rumore
delle catene. Le persone non mascherate, compresi i bambini, ballavano
nella piazza Pietro Bilancini. Altre maschere salivano su un carro addobbato,
trainato da buoi infiocchettati e così, schiamazzando, cantando
e suonando l’organetto, facevano il giro del paese. La festa della
domenica si concludeva alla Palazzina, dove si mangiavano le “
Cialde” e si beveva il vino distribuito da Marzio, prima, e Poldo,
dopo, sacrestani della chiesa ai quali si faceva un'offerta in denaro,
che serviva per le spese parrocchiali.
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